Caratterizzazione molecolare e morfologica delle neoplasie mieloproliferative: confronto fra forme classiche e forme associate a trombosi in siti inusuali

Dott. Daniele Cattaneo

Le neoplasie mieloproliferative (MPN) rappresentano un raro gruppo di patologie oncoematologiche caratterizzate dalla trasformazione su base neoplastica della cellula staminale emopoietica pluripotente e dall’espansione clonale di uno o più progenitori emopoietici nel midollo osseo o in sede extramidollare. L’insorgenza di complicanze trombotiche ed emorragiche rappresenta una delle principali cause di mortalità e di morbidità di questi pazienti.

A differenza di quanto è accaduto per la leucemia mieloide cronica, nell’ambito di tali patologie non è ancora stato possibile identificare un singolo marcatore genetico o molecolare che sia capace di promuoveme da solo l’insorgenza. Nello specifico, la scoperta delle mutazioni somatiche a carico dei geni JAK2, MPL e più recentemente della calreticulina (CALR) ha permesso di compiere notevoli progressi nella comprensione dell’eziopatogenesi e della storia naturale delle MPN. E’ necessario però sottolineare che persiste ancora una quota non trascurabile di pazienti affetti da Trombocitemia Essenziale (ET) e da Mielofibrosi Primaria (PMF) per i quali non è stato possibile identificare la presenza di un profilo mutazionale analogo.

La mancanza di un’esaustiva caratterizzazione molecolare rende ragione del fatto che, ancora oggi, la diagnosi di queste entità clinico-nosologiche deve essere necessariamente basata su un’accurata e simultanea valutazione di un preciso profilo di caratteristiche cliniche e morfologiche, accanto a quelle molecolari note. Il presente studio si propone di valutare l’assetto molecolare di JAK2, MPL, CALR, TET2, ASXLl, IDH l e IDH2 di una coorte consecutiva di 630 pazienti affetti da MPN BCR-ABLl-negative, così suddivisi: 180 casi di Policitemia Vera, 1 75 di PMF e 275 di ET.

Nell’ambito dell’intera casistica in studio e per le singole categorie diagnostiche si valuterà l’impatto che il profilo mutazionale ha sul rischio di sviluppare eventi trombotici, sia arteriosi che venosi, oltre che emorragici. Particolare attenzione verrà posta ali’ eventuale correlazione esistente con il rischio di recidiva di complicanze tromboemorragiche. Si procederà quindi ad un’attenta revisione delle biopsie ossee eseguite alla diagnosi, valutando dettagliatamente per ciascuna di esse le caratteristiche morfologiche già precedentemente riportate.

Si ricercherà quindi la presenza di un’eventuale correlazione tra le caratteristiche morfologiche e il profilo mutazionale identificato e si ricercheranno eventuali differenze fra i casi che sono andati incontro ad un evento trombotico e quelli rimasti indenni, oltre che fra i casi di trombosi venose verificatisi in siti usuali, rispetto a quelli insorti in siti inusuali (trombosi venose cerebrali e splancniche ). Si valuteranno infine le differenze in termini di progression-free survival e di overall survival fra i casi di MPN esorditi con un evento trombotico in un sito inusuale rispetto ai rimanenti casi di MPN associati o meno ad una pregressa complicanza trombotica.

Progetto

BACKGROUND

Le neoplasie mieloproliferative (MPN) rappresentano un raro gruppo di patologie oncoematologiche caratterizzate dalla trasformazione su base neoplastica della cellula staminale emopoietica pluripotente e dall’espansione clonale di uno o più progenitori emopoietici nel midollo osseo o in sede extramidollare, a cui si può associare un quadro di alterazioni stromali progressive su base reattiva e un non trascurabile rischio di evoluzione in leucemia mieloide acuta [1,2]. A differenza della leucemia mieloide cronica, caratterizzata dalla patognomonica presenza del trascritto di fusione BCR-ABLl, per la policitemia vera (PV), la mielofibrosi primaria (PMF) e la trombocitemia essenziale (ET), globalmente identificate come MPN BCR-ABLl-negative, non è stato ancora possibile identificare un singolo marcatore genetico o molecolare che sia capace di promuoverne da solo l’insorgenza. La scoperta delle mutazioni somatiche a carico dei geni JAK2 [3-5], MPL [6,7] e più recentemente della calreticulina (CALR) [8,9] ha tuttavia permesso di compiere notevoli progressi nella comprensione sia dell’eziopatogenesi e della storia naturale delle MPN, sia delle cause di insorgenza di alcune delle più comuni complicanze che ad esse si accompagnano. Allo stato attuale delle conoscenze, è stato ormai ben documentato il ruolo della mutazione V617F di JAK2 quale fattore di rischio trombotico nella ET [10]; per quanto concerne invece il ruolo delle mutazioni di CALR, esso è ancora oggetto di dibattito: più precisamente, la loro presenza nella ET sarebbe associata ad un minore rischio di trombosi, senza che però a ciò corrisponda alcuna differenza statisticamente significativa in termini di overall-survival (OS) e di leukemia-free survival (LFS) [ll-13]. Per quanto concerne invece la PMF, le forme CALR-mutate sarebbero associate ad una prognosi significativamente più favorevole; tuttavia, se per alcuni autori tale dato sarebbe generalizzabile a tutti i casi di PMF CALR-mutate [14], a parere di altri sarebbe invece da limitarsi solamente alle forme associate a una specifica mutazione di CALR (cosiddetta di tipo l o del52bp) [15]. E’ necessario però sottolineare che ancora oggi rimane una quota non trascurabile di pazienti affetti da ET e da PMF per i quali non è stato possibile identificare la presenza di ? profilo mutazionale analogo, e ai quali ci si riferisce come forme “triple-negative” e che sarebbero caratterizzate da un outcome significativamente diverso rispetto alle forme associate a mutazioni di JAK2, MPL o CALR. In particolare, le forme di PMF “triple-negative” dovrebbero essere considerate patologie ad alto rischio molecolare, come già accade per i casi associati a cariotipo sfavorevole [15]. La mancanza di un’esaustiva caratterizzazione molecolare rende ragione del fatto che, ancora oggi, la diagnosi di queste entità clinico-nosologiche deve essere necessariamente basata su un’accurata e simultanea valutazione di un preciso profilo di caratte ristiche cliniche e morfologiche, accanto a quelle molecolari note, come definito nella classificazione WHO (2008) delle neoplasie della linea mieloide [1,2]. L’insorgenza di complicanze trombotiche ed emorragiche rappresenta una delle principali cause di mortalità e di morbidità di questi pazienti [16-1 8]. Gli eventi trombotici possono coinvolgere il distretto arterioso (infarto miocardico, ischemia cerebmle, arteriopatie periferiche) oppure, in circa un terzo dei casi, il versante venoso (trombosi venose profonde, embolie polmonari). Nell’ambito delle trombosi venose, possono essere coinvolti oltre ai siti comuni, come il circolo venoso profondo degli arti inferiori, anche sedi inusuali, quali i vasi splancnici o cerebrali [19-20].

SCOPO DELLO STUDIO

Il presente studio si propone di valutare l’assetto molecolare di JAK2, MPL, C ALR, T ET2, ASXLl, IDHl e IDH2 in una coorte consecutiva di pazienti affetti da MPN BCR-ABLl-negative. Nell’ambito dell’intem casistica in studio e per le singole categorie diagnostiche si valuterà l’impatto che il profilo mutazionale ha sul rischio di sviluppare eventi trombotici, sia arteriosi che venosi, oltre che eventi emorragici. Particolare attenzione verrà posta all’eventuale correlazione esistente con il rischio di recidiva di compli canze trombo-emorragiche. Si procederà quindi ad un’attenta revisione delle biopsie ossee eseguite alla diagnosi, valutando dettagliatamente per ciascuna di esse le caratteristiche morfologiche già precedentemente riportate [21]. Si ricercheranno quindi:
a) la presenza di un’eventuale correlazione tra le caratteristiche morfologiche suddette ed il profilo mutazionale identificato; b) eventuali differenze fra i casi che sono andati incontro ad un evento trombotico e quelli rimasti indenni, e fra i casi di trombosi venose verificatisi in siti usuali, rispetto a quelli insorti in siti inusuali (trombosi venose cerebrali e splancniche). Si valuteranno infine c) differenze in termini di progression-free survival (PFS), LFS e OS fra i casi di MPN esorditi con un evento trombotico in un sito inusuale, rispetto ai rimanenti casi di MPN associati o meno ad una pre gressa complic anza trombotica.

METODI

Il presente studio prevede la valutazione dei record clinici ed istopatologici di 630 pazienti consecutivi con una diagnosi clinica ed istologica di MPN B CR-ABL1-negativa, formulata in accordo con i criteri WH O del 2008, e regolarmente seguiti presso l’ UOC Oncoematologia della Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. In particolare, la casistica sarà cosi composta: 180 casi di P V, 175 di PMF e 275 casi di ET. Di tutti i pazienti s arann o raccolti i dati clinici “classici”, oltre a quelli istologici e molecola ri qui di seguito definiti. Le biopsie ossee ottenute alla diagnosi fissate in formalina ed incluse in paraffma, colomte con Ematossilina-eosina, Giemsa e impregnazione argentica secondo Gomori, verranon rivalutate indettaglio da due emopatologi esperti mediante revisione collegiale al microscopio multitesta, come precedenteme nte descritto [21 ]. Mutazioni di JAK2, MP L, CA LR, TE T2, ASXL1, IDH1 e IDH2 saranno ricercate su D NA estratto da granulociti provenienti dal sa ngue periferico. La mutazione V617F del gene JAK2 verrà ricercata tramite PCR allele-specifica, eseguita secondo la metodica descritta da Baxter et al. [5], e quindi confermata tramite sequenziamento diretto (A B I PR ISM 310 Genetic Analyzer, Applied Biosystems, Warrington, UK) impiegando il Big Dye Terminator Cycle Se quencing Kit (Applied Biosystems, Warrington, UK). Per l’analisi quantitativa dell’allele burden di JAK2 V61 7 F verrà utilizzato il Kit JAK2 MutaQuant™ ( Ipsoge n Inc., Ne w Haven, C T), basato sul principio delle sonde oligonucleotidiche idrolitiche a doppio fluorocromo RQ- P CR. Mutazioni di MPL, in particolare W51 5 L, W51 5K, W51 5A, S505 N e G509C, saranno ricercate tramite se quenziamento diretto dell’esone 10 del gene. A questo fine i primer impiegati saranno: MPLIOF 5′ TAGCCTGGATCTCCTTGGTG 3′ e MPLlOR 5′ CCTGTTTACAGGCCTTCGGC 3′. Allo scopo di identificare la presenza di delezioni o di inserzioni a carico dell’esone 9 del gene C ALR, saranno impiegati primer disegnati sulla base del protocollo recentemente descritto da Klampfl et al. [ 8 ]. Mutazioni di IDHl (R1 32 H) e IDH2 (R1 72 K) saranno ricercate in base alla metodica riportata da Cyko wski et al [22 ]. Per ogni paziente verrà altresì ricercata la presenza di fattori di rischio trombotico addizionali (trombofilia ereditaria e ac quisita): a questo fine si valuterà la presenza di un eventuale deficit di a ntitrombina II I, proteina C e proteina S, anticorpi anti-cardiolipina, Lupus-anticoagulant, anticorpi anti-beta 2 glicoproteina 1, Fattore V Leiden, mutazione G20210A del gene del Fattore I I, iperomocisteinemia e livelli serici di fattore VI I I.

RISULTATI ATTESI

  • Caratterizzazione morfologica e molecolare delle MPN BCR-ABL1-negative, ripartendo la casistica in studio in tre gruppi di confronto, così definiti: forme non associate a trombosi, forme con trombosi in siti comuni e forme associate a trombosi in siti inusuali
  • Determinazione della prevalenza delle mutazioni di ASXLI, TET2, IDH1 e IDH2 nei tre gruppi di confronto prima definiti Correlazione fra il profilo morfologico e mutazionale di ciascun paziente e il rischio di insorgenza di complicanze trombotiche
  • Correlazione fra il profilo morfologico e mutazionale e il rischio di recidiva di eventi trombotici<(li>
  • Correlazione fra il profilo morfologico e mutazionale e il rischio di insorgenza di complicanze emorragiche
  • Correlazione fra il profilo morfologico e mutazionale dei casi associati a trombosi in siti inusuali rispetto alle forme associate a trombosi in siti comuni
  • Definizione del significato prognostico (in termini di PFS, LFS e OS) degli eventi trombotici insorti in siti inusuali

Il presente studio è eminenteme nte fi nalizzato a valutare le eve ntuali differenze statisticame nte sig nificative i n termi ni di caratteristiche morfologiche e molecolari dei casi di MP N associati a trombosi in siti i nusuali (trombosi ve nose splanc niche e cerebrali) rispetto alle forme ca noniche. Particolare attenzione verrà altresì posta sulla ricerca di eventuali correlazioni fra il profilo morfologico e molecolare di questi pazienti ed il rischio di recidiva di trombosi, oltre che di insorge nza di complicanze emorragiche. U na più efficace e puntuale caratterizzazio ne di tale tipologia di pazie nti permetterà al cli nico di definire in maniera precisa l’o utcome atteso in ciascu n caso e in funzione di tale dato decidere qual è il trattamento più opportuno da doversi adottare.


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Risultati

METODI

Per il presente studio sono stati complessivamente valutati 29 pazienti con una pregressa diagnosi di trombosi splancnica (SVT) associata a una neoplasia mieloproliferativa (MPN) BCR-ABL1-negativa formulata fra il 1979 ed il 2013 e regolarmente seguiti presso l’UOC Oncoematologia della Fondazione IRCCS Ca’ Granda – Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. I criteri di inclusione previsti nel presente studio erano una diagnosi strumentale di SVT, associata ad una diagnosi di MPN formulata in accordo con i criteri WHO del 2008.
Le biopsie ossee ottenute alla diagnosi fissate in formalina ed incluse in paraffina, colorate con ematossilina-eosina, Giemsa e impregnazione argentica secondo Gomori, sono state rivalutate in dettaglio da un emopatologo esperto, come già precedentemente descritto [1].
Mutazioni di JAK2, MPL e CALR sono state ricercate su DNA estratto da granulociti provenienti da sangue periferico. La mutazione V617F del gene JAK2 è stata ricercata tramite PCR allele-specifica, eseguita secondo la metodica descritta da Baxter et al. [2], e quindi confermata tramite sequenziamento diretto (ABI PRISM 310 Genetic Analyzer, Applied Biosystems, Warrington, UK) impiegando il Big Dye Terminator Cycle Sequencing Kit (Applied Biosystems, Warrington, UK). Per l’analisi quantitativa dell’allele burden di JAK2V617F è stato utilizzato il Kit JAK2 MutaQuant™ (Ipsogen Inc., New Haven, CT), basato sul principio delle sonde oligonucleotidiche idrolitiche a doppio fluorocromo RQ-PCR. Mutazioni di MPL, in particolare W515L, W515K, W515A, S505N e G509C, sono state ricercate tramite sequenziamento diretto dell’esone 10 del gene. A questo fine i primer impiegati sono stati: MPL10F 5’ TAGCCTGGATCTCCTTGGTG 3’ e MPL10R 5’ CCTGTTTACAGGCCTTCGGC 3’. Allo scopo di identificare la presenza di delezioni o di inserzioni a carico dell’esone 9 del gene CALR, sono stati impiegati primer disegnati sulla base del protocollo descritto da Klampfl et al.[3].

RISULTATI

Le più comuni forme di SVT sono risultate essere la trombosi portale e quella splenica, seguite dalla trombosi mesenterica, e da ultimo dalla sindrome di Budd-Chiari. Per quanto concerne i dati di laboratorio, i valori mediani dei livelli di emoglobina, conta dei globuli bianchi e delle piastrine sono risultati tutti entro il range di normalità; al contrario i livelli serici di LDH sono risultati aumentati e la maggior parte dei pazienti (79%) si presentava all’esordio con un quadro di splenomegalia palpabile.
In merito invece al profilo molecolare, la mutazione V617F di JAK2 è stata identificata in 27 casi (93.1%), anche se con un valore di burden allelico estremamente variabile (mediana 27%, range 4.8-97%). I rimanenti due casi JAK2-negativi sono stati valutati anche per la presenza di mutazioni di MPL e CALR e uno di essi è risultato portatore della mutazione MPLW515K, mentre nell’ultimo caso entrambi i geni sono risultati non mutati, definendo quindi il paziente come affetto da una forma di MPN cosiddetta “triplo-negativa”.
Per quanto riguarda la valutazione istologica della biopsia osteo-midollare, complessivamente 11 dei 29 casi esaminati (38%) sono stati inquadrati come policitemia vera (PV), altri 11 casi (38%) come mielofibrosi primaria (PMF) e i rimanenti 6 casi (20%) come trombocitemia essenziale (ET). Un singolo caso presentava invece caratteristiche istologiche compatibili con una diagnosi di MPN, ma senza una morfologia specifica ed è stato perciò inquadrato come una forma di MPN, non altrimenti classificabile (MPN-U). Complessivamente, l’accuratezza diagnostica è risultata quindi pari a circa l’88%.
Il passo successivo è stato quello di combinare i dati anatomopatologici con quelli clinico-laboratoristici. In base ai criteri WHO del 2008, è stato possibile classificare solamente tre pazienti (10%) come affetti da PV, 11 (38%) da PMF e due (7%) da ET. Al contrario, nei 13 casi rimanenti (45%), la presenza di chiare discrepanze fra le caratteristiche cliniche e quelle morfologiche ha reso necessario classificare questi pazienti come affetti da MPN-U.
Volendo entrare più nel dettaglio, solo nel caso della PMF è stato possibile identificare una completa concordanza fra le caratteristiche morfologiche e i dati clinici. Al contrario, considerando i casi con un fenotipo morfologico simil-PV, questi erano risultati tutti positivi per la mutazione JAK2V617F, ma 8 di questi 11 pazienti non rispondevano al primo dei criteri maggiori previsti per la diagnosi di PV (ossia un tasso di emoglobina >18.5 g/dl negli uomini e >16.5 g/dl nelle donne). Tenendo poi in considerazione anche la nuova entità nosologica definita come “masked” PV [4], abbiamo considerato la proposta di una riduzione dei livelli diagnostici di emoglobina (>16.5 g/dl negli uomini e >16 g/dl nelle donne), ma anche tale criterio non veniva rispettato. In aggiunta, in tutti questi pazienti i livelli serici di eritropoietina (EPO) erano normali, se non elevati.
Da ultimo, considerando i casi con un profilo morfologico simil-ET, anch’essi erano risultati tutti positivi per la presenza della mutazione V617F di JAK2, ma 4 di questi 6 pazienti non rispettavano il primo criterio previsto per la diagnosi di ET (conta piastrinica >450.000/mmc). Inoltre, in due di questi pazienti i livelli serici di EPO sono risultati inappropriatamente ridotti.
Alla luce dei risultati fin qui esposti, possiamo affermare che anche nei pazienti affetti da MPN associate a SVT, in maniera analoga alle forme di MPN “classiche”, è possibile identificare tre differenti profili morfologici, definiti come simil-PV, simil-PMF o simil-ET. Di conseguenza, a differenza di quanto accade per i valori di crasi ematica, la biopsia osteo-midollare può effettivamente rappresentare una metodica di indagine sufficientemente specifica per porre diagnosi di MPN e quanto meno per suggerire una distinzione fra le tre forme “classiche” anche nei casi associati a SVT.
Andando successivamente ad analizzare le caratteristiche clinico-laboratoristiche di ciascun caso in base al suo fenotipo morfologico, sono emersi gradi di corrispondenza piuttosto differenti.
In particolare, nella PMF è stato possibile dimostrare una concordanza del 100%, anche escludendo dalle analisi due dei quattro criteri minori (ossia la presenza di splenomegalia e di anemia) a causa della loro bassa specificità in questo subset di pazienti.
Di converso, nei casi con un profilo morfologico simil-ET vi erano delle discrepanze significative; più nel dettaglio, solo in due casi su sei è stata confermata la diagnosi di ET, mentre nei rimanenti quattro casi i valori di crasi ematica erano tutti inclusi entro i range di normalità. In aggiunta, è stato identificato un ulteriore fattore potenzialmente confondente, quale livelli di EPO soppressi in due pazienti.
I livelli di concordanza più bassi sono stati comunque osservati nei pazienti con una morfologia simil-PV: solo tre di questi 11 casi presentavano infatti il tipico fenotipo clinico da PV. In questo senso, i nostri dati sono perfettamente in linea con quanto è stato riportato fino ad oggi in letteratura, avvalorando ulteriormente la tesi in merito alla scarsa specificità degli attuali criteri diagnostici per la PV nei pazienti con SVT [5]. In particolare, in questi pazienti i livelli di emoglobina erano frequentemente nel range di norma, se non ridotti, a causa di condizioni concomitanti quali emodiluizione, ipersplenismo e/o sanguinamenti occulti; di converso, il riscontro di un’eritropoiesi incrementata a livello midollare potrebbe anche rappresentare un fenomeno puramente reattivo alle condizioni prima menzionate. Un ulteriore punto critico è quindi rappresentato dai livelli serici di EPO, che in caso di SVT possono essere inappropriatamente elevati a seguito dell’insulto epatico, andando così peraltro a supportare l’incremento dell’eritropoiesi nel midollo osseo.
Per quanto riguarda la valutazione istologica della biopsia osteo-midollare, complessivamente 11 dei 29 casi esaminati (38%) sono stati inquadrati come policitemia vera (PV), altri 11 casi (38%) come mielofibrosi primaria (PMF) e i rimanenti 6 casi (20%) come trombocitemia essenziale (ET). Un singolo caso presentava invece caratteristiche istologiche compatibili con una diagnosi di MPN, ma senza una morfologia specifica ed è stato perciò inquadrato come una forma di MPN, non altrimenti classificabile (MPN-U). Complessivamente, l’accuratezza diagnostica è risultata quindi pari a circa l’88%.
Il passo successivo è stato quello di combinare i dati anatomopatologici con quelli clinico-laboratoristici. In base ai criteri WHO del 2008, è stato possibile classificare solamente tre pazienti (10%) come affetti da PV, 11 (38%) da PMF e due (7%) da ET. Al contrario, nei 13 casi rimanenti (45%), la presenza di chiare discrepanze fra le caratteristiche cliniche e quelle morfologiche ha reso necessario classificare questi pazienti come affetti da MPN-U.
Volendo entrare più nel dettaglio, solo nel caso della PMF è stato possibile identificare una completa concordanza fra le caratteristiche morfologiche e i dati clinici. Al contrario, considerando i casi con un fenotipo morfologico simil-PV, questi erano risultati tutti positivi per la mutazione JAK2V617F, ma 8 di questi 11 pazienti non rispondevano al primo dei criteri maggiori previsti per la diagnosi di PV (ossia un tasso di emoglobina >18.5 g/dl negli uomini e >16.5 g/dl nelle donne). Tenendo poi in considerazione anche la nuova entità nosologica definita come “masked” PV [4], abbiamo considerato la proposta di una riduzione dei livelli diagnostici di emoglobina (>16.5 g/dl negli uomini e >16 g/dl nelle donne), ma anche tale criterio non veniva rispettato. In aggiunta, in tutti questi pazienti i livelli serici di eritropoietina (EPO) erano normali, se non elevati.
Da ultimo, considerando i casi con un profilo morfologico simil-ET, anch’essi erano risultati tutti positivi per la presenza della mutazione V617F di JAK2, ma 4 di questi 6 pazienti non rispettavano il primo criterio previsto per la diagnosi di ET (conta piastrinica >450.000/mmc). Inoltre, in due di questi pazienti i livelli serici di EPO sono risultati inappropriatamente ridotti.
Alla luce dei risultati fin qui esposti, possiamo affermare che anche nei pazienti affetti da MPN associate a SVT, in maniera analoga alle forme di MPN “classiche”, è possibile identificare tre differenti profili morfologici, definiti come simil-PV, simil-PMF o simil-ET. Di conseguenza, a differenza di quanto accade per i valori di crasi ematica, la biopsia osteo-midollare può effettivamente rappresentare una metodica di indagine sufficientemente specifica per porre diagnosi di MPN e quanto meno per suggerire una distinzione fra le tre forme “classiche” anche nei casi associati a SVT.
Andando successivamente ad analizzare le caratteristiche clinico-laboratoristiche di ciascun caso in base al suo fenotipo morfologico, sono emersi gradi di corrispondenza piuttosto differenti.
In particolare, nella PMF è stato possibile dimostrare una concordanza del 100%, anche escludendo dalle analisi due dei quattro criteri minori (ossia la presenza di splenomegalia e di anemia) a causa della loro bassa specificità in questo subset di pazienti.
Di converso, nei casi con un profilo morfologico simil-ET vi erano delle discrepanze significative; più nel dettaglio, solo in due casi su sei è stata confermata la diagnosi di ET, mentre nei rimanenti quattro casi i valori di crasi ematica erano tutti inclusi entro i range di normalità. In aggiunta, è stato identificato un ulteriore fattore potenzialmente confondente, quale livelli di EPO soppressi in due pazienti.
I livelli di concordanza più bassi sono stati comunque osservati nei pazienti con una morfologia simil-PV: solo tre di questi 11 casi presentavano infatti il tipico fenotipo clinico da PV. In questo senso, i nostri dati sono perfettamente in linea con quanto è stato riportato fino ad oggi in letteratura, avvalorando ulteriormente la tesi in merito alla scarsa specificità degli attuali criteri diagnostici per la PV nei pazienti con SVT [5]. In particolare, in questi pazienti i livelli di emoglobina erano frequentemente nel range di norma, se non ridotti, a causa di condizioni concomitanti quali emodiluizione, ipersplenismo e/o sanguinamenti occulti; di converso, il riscontro di un’eritropoiesi incrementata a livello midollare potrebbe anche rappresentare un fenomeno puramente reattivo alle condizioni prima menzionate. Un ulteriore punto critico è quindi rappresentato dai livelli serici di EPO, che in caso di SVT possono essere inappropriatamente elevati a seguito dell’insulto epatico, andando così peraltro a supportare l’incremento dell’eritropoiesi nel midollo osseo.
Per quanto riguarda invece le analisi molecolari, la mutazione V617F di JAK2 è stata identificata nella maggior parte dei nostri pazienti, e in tutti i casi JAK2-positivi abbiamo valutato il cosiddetto burden allelico di JAK2: quest’ultimo è però risultato estremamente variabile, e quindi di scarsa utilità nel discriminare fra le diverse forme di MPN. Per quanto riguarda invece i due casi JAK2-negativi, in uno è stata identificata una mutazione rara del gene MPL, nota come W515K, mentre nel rimanente caso non si sono osservate mutazioni a carico dei geni MPL e CALR, ed è stato perciò definito come affetto da una MPN “triplo-negativa”. Questi dati sono perfettamente in linea rispetto a quanto riportato in letteratura in merito all’importanza della ricerca della mutazione JAK2V617F nei pazienti con SVT [6-9]. Tuttavia, tale test diagnostico singolarmente preso non sempre è sufficiente: infatti, anche in una serie di pazienti relativamente piccola come la nostra, tale mutazione non era presente in due casi. Di conseguenza, in situazioni come queste il passo successivo dovrebbe essere quello di ricercare le mutazioni di MPL [10,11]. Per quanto riguarda infine le mutazioni di CALR, queste dovrebbero essere ricercate nei casi di SVT JAK2– ed MPL-negative, anche se Turon et al. [12] ed Haslam et al. [13] hanno recentemente descritto un’incidenza delle mutazioni di CALR estremamente bassa in due ampie coorti di pazienti con SVT di diversa eziologia. Analogamente, nel nostro unico caso JAK2– ed MPL-negativo, anche il gene CALR è risultato essere non mutato.
Alla luce di quanto sopra riportato, occorre ribadire che solamente considerando congiuntamente i dati clinici, morfologici e molecolari è stato possibile formulare una diagnosi di MPN in tutti i casi da noi presi in esame ed identificare una corrispondenza fra fenotipo morfologico e clinico in circa la metà dei pazienti [14]. Di conseguenza, riteniamo che la biopsia osteo-midollare dovrebbe rappresentare un elemento chiave nell’ambito di un corretto iter diagnostico delle SVT. E’ pur vero che anche questa metodica è gravata da alcuni limiti: in particolare, la sua sensibilità diagnostica nel caso di una MPN associata a SVT risulta essere compresa fra il 64 e il 93.5% dei casi [7,15]. Inoltre, essa consente agli emopatologi di discriminare fra tre differenti profili morfologici, ma questi ultimi assai di frequente non corrispondono alle caratteristiche clinico-laboratoristiche di quello stesso paziente. Questo punto è di particolare importanza, dal momento che formulare una diagnosi di PV, piuttosto che di PMF o di ET correla con prognosi drammaticamente differenti, implicando ovviamente approcci terapeutici ben distinti.
In conclusione, il nostro studio suggerisce che un approccio omnicomprensivo che consideri dati morfologici, clinici e di biologia molecolare è indispensabile per poter arrivare a porre diagnosi di MPN nei pazienti esorditi con una SVT, alla luce delle loro caratteristiche di presentazione del tutto atipiche, con inevitabili risvolti clinici.

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